I primi abitanti della laguna furono i profughi delle città in fuga dai barbari, gente abituata al benessere e alla ricchezza e che improvvisamente si trovava in un ambiente ostile e non coltivabile.
L’unica attività che consentiva la sopravvivenza era il commercio e la navigazione con le genti di Dalmazia, Istria e Ravenna, soggette a Bisanzio.

Venezia divenne l’incontro tra le richieste dei barbari che offrivano cereali, pollami, metalli lavorati e legnami dalla terra ferma e le altre genti, compresi i Turchi e gli Arabi successivamente nel tempo.
Ma per avviare il commercio bisogna poter comprare e quindi avere qualcosa che possedesse valore e scoprirono sotto i loro piedi: il sale.
All’inizio a Venezia c’erano saline dovunque. Il sale patrimonio comune veniva raccolto e depositato in grandi magazzini detti i Saloni e poi esportato lungo le coste dell’Adriatico in cambio di moneta sonante. Importantissime le prime leggi che vennero emanate per sviluppare e regolare il commercio con Venezia. Queste leggi sanciscono uno scambio basato sul baratto, ovvero non si doveva pagare le merci importate in denaro bensì con altre merci, in tal modo si  accumulava il denaro dello Stato.
I Veneziani cominciarono a costruire all’estero delle filiali, che contrattavano per la sede centrale. Successivamente a Venezia cominciarono a giungere i mercanti stranieri. In tal modo si assumevano  i rischi del trasporto. Ecco che sorsero in città i fondachi, ovvero dall’arabo ‘funduqh’ albergho-deposito dove gli stranieri erano obbligati a risiedere per ragioni di controllo.

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