Yun Hyong-keun (Cheongju 1928 – Seoul 2007) è stato uno dei più importanti artisti coreani del secondo dopoguerra. La sua biografia è segnata dalla storia travagliata del suo paese: più volte imprigionato per avere liberamente manifestato il proprio pensiero, nel 1950 scampò miracolosamente a una fucilazione di gruppo: dei suoi quaranta compagni di sventura solo quattro, oltre a lui, si salvarono dal plotone d’esecuzione.

Dopo una fase iniziale di sperimentazione il suo linguaggio artistico si sviluppa e si definisce nella prima metà degli anni settanta. Esso è anche il frutto delle asprezze che ne segnarono la vita, e si concentra su pochi, essenziali elementi. Il pigmento, di una tonalità molto scura ottenuta da una miscela di blu oltremare e terra d’ombra bruciata, è steso con un grande pennello in strati successivi, molto diluito in modo da impregnare la tela grezza. Il blu oltremare e la terra d’ombra bruciata simboleggiano il cielo e la terra; il gesto dell’artista ripete il fenomeno dell’acqua che, imbevendo le porosità del terreno, dà luogo alla vita.

Le ampie ed essenziali campiture dipinte da Yun alludono a una struttura architettonica: sono grandi portali. Annota l’artista nel gennaio 1977 nel suo diario: “La tesi della mia pittura è la porta del cielo e della terra. Blu è il colore del cielo, bruno è il colore della terra. Perciò li chiamo ‘cielo e terra’; il portale dà struttura alla composizione”.

L’arte di Yun, pur rimanendo fedele a se stessa e ai propri stilemi essenziali, ha uno sviluppo temporale: dalle linee oblique di accentuata drammaticità delle tele dipinte all’indomani del massacro di Gwanju (maggio 1980), alle campiture rettangolari più nette e ampie che dagli anni novanta in poi caratterizzano tutta la sua produzione.

“Non ricordo quando iniziò a piacermi il colore del suolo. Lo stesso vale per il colore degli alberi e il colore delle rocce. Amo i colori del paesaggio naturale, e anche il colore della natura in inverno. […] La vera bellezza viene dal cogliere texture e colore eterni direttamente dalla natura. Ecco cosa mi sforzo di esprimere nei miei dipinti. Non mi piace applicare alcuna imprimitura sulla tela, anche per non coprire la texture delle fibre naturali”.

Il progetto della mostra, prima retrospettiva europea dedicata all’artista, è realizzato in collaborazione con il National Museum of Modern and Contemporary Art (MMCA) di Seoul ed è curato da Kim Inhye, profonda conoscitrice dell’opera del maestro coreano.

La volontà di presentare qui Yun Hyong-keun nasce anche dalla convinzione che la sua arte sia in singolare sintonia con Venezia, città di terre e di acque.

 

Dove: Palazzo Fortuny San Marco 3958, 30124 Venezia

Orario: 
10 – 18
Biglietteria: 10 – 17 
Chiuso martedì

Prezzo:
intero: 12 euro
Ridotto: 10 euro
 

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