Nella cultura veneziana con il termine "maschera" si indica l'attività di "mettersi barba e baffi finti" e "maschera" era anche il soprannome dato alle donne che si travestivano da uomini e agli uomini che si travestivano da donne.
Le prime maschere veneziane erano molto semplici nel design e nella decorazione, e assumevano principalmente un ruolo pratico. Erano spesso usate per proteggere i giocatori d'azzardo, evitando così di farsi riconoscere dai propri creditori ed evitarli, oppure dai "barnaboti" d'alto rango che saccheggiavano banche e strade. Le maschere veneziane erano usate per proteggere e nascondere l'identità di chi le indossava durante attività promiscue e divennero quindi ben presto simbolo della necessità di abbandonarsi al gioco, allo scherzo e all’illusione di indossare i panni di qualcun altro, esprimendo quindi diversi significati: la festa e la trasgressione (da tutte le regole sociali imposte dalla Repubblica Serenissima a Venezi), la libertà e l’immoralità.
La storia delle maschere:
La maschera a Venezia ha origini antiche ed era utilizzata per molti mesi all’anno. Era consentita dal giorno dopo Natale, che segnava l’inizio del Carnevale veneziano, fino al Martedì Grasso, che ne decretava la fine, ma era vietata durante le celebrazioni religiose. Oltre al periodo carnevalesco, i veneziani indossavano la maschera anche durante la quindicina dell’Ascensione, e finivano per portarla, con poche eccezioni, fino a metà giugno. Durante tutti i grandi eventi, come banchetti ufficiali o celebrazioni della Serenissima, era permesso indossare maschera e mantello.
Maschere di Venezia. A partire dal XIV secolo, il governo veneziano iniziò a promulgare nuove leggi restrittive per contrastare il continuo decadimento morale della popolazione. La legislazione carnevalesca vietava i travestimenti notturni, proibiva agli uomini di entrare nei conventi travestiti da donne per commettere “molte indecenze” e impediva ai mascherati di portare armi o entrare nelle chiese. Per ristabilire la moralità e scoraggiare comportamenti immorali, la Serenissima impose l’uso della maschera solo nei giorni di Carnevale e durante i banchetti ufficiali.
Mascarer – I mascherai veneziani. Le maschere venivano prodotte a Venezia da secoli, realizzate in cartapesta, in una grande varietà di colori e stili, decorate con pellicce, stoffe, gemme o nastri. L’uso delle maschere da parte dei veneziani e dei visitatori stranieri durante il Carnevale generò una forte domanda, contribuendo all’evoluzione della figura del mascarer, l’artigiano registrato che creava e vendeva maschere in cartapesta.
Le maschere tradizionali veneziane:
Pietro Longhi – Nobili al Ridotto. Tra i costumi più tradizionali troviamo la bauta, una maschera bianca che copre quasi tutto il volto, accompagnata da un mantello nero e dal classico cappello a tricorno. Era molto popolare a Venezia e veniva indossata sia da uomini che da donne, perché garantiva l’anonimato totale e permetteva di mangiare e bere senza doverla togliere.
Un’altra maschera tradizionale era la moretta, una maschera ovale in velluto nero con un velo, solitamente indossata dalle donne in visita ai conventi. Si fissava al volto grazie a un bottone tenuto tra i denti.
Il Mattacino è un’altra figura tipica veneziana. Una sorta di pagliaccio, vestito di bianco o con abiti multicolori, famoso per lanciare “uova profumate” con la fionda ai passanti.
La maschera e il teatro:
La maschera trovò la sua consacrazione ufficiale nei teatri: con il teatro del XVI secolo, e poi con il celebre commediografo veneziano Carlo Goldoni, alcuni dei personaggi più famosi della commedia dell’arte—la forma teatrale popolare italiana basata sull’improvvisazione, detta anche “commedia degli umori”—divennero veri e propri stereotipi, riflettendo perfettamente la società veneziana.
Tra i principali personaggi della commedia dell’arte troviamo: Pantalone, il mercante ricco e avaro ; Arlecchino, il contadino buffo e analfabeta, acrobata e giullare, sempre vestito con abiti colorati; Colombina, la servetta e amante eterna di Arlecchino; Pulcinella, altro servo comico, simile ad Arlecchino, ma tipico di Napoli.
Le maschere oggi:
Oggi le maschere veneziane sono tornate a essere il simbolo del Carnevale di Venezia. La maggior parte è realizzata in gesso, decorata con foglia d’oro, dipinta a mano o abbellita con piume naturali e gemme. Durante il Carnevale moderno, Piazza San Marco e gli altri campi principali di Venezia diventano il palcoscenico perfetto per chi desidera, almeno per qualche ora all’anno, vivere un’altra vita. Negli ultimi giorni di Carnevale, Venezia si riempie di persone mascherate e travestite, che invadono allegramente strade e piazze in cerca di divertimento. Si incontrano costumi di ogni tipo: dalle nobildonne del Settecento, alle creazioni moderne più fantasiose e personalizzate.
Accanto alle maschere tradizionali veneziane troviamo anche le maschere della Commedia dell'Arte, rese famose dal teatro ed in particolar modo dalle commedie di Carlo Goldoni. Tra le più celebri Pantalone, Arlecchino, Colombina, Brighella e Pulcinella.
Pantalone è la maschera veneziana più conosciuta. Sulla sua origine non esistono dubbi, poiché, fin dalla sua prima apparizione nelle compagnie della Commedia dell'Arte, il "primo vecchio", chiamato il "Magnifico", si esprimeva nella schietta e musicale parlata veneziana. Quel nome presto decade per lasciare il posto all'immortale Pantalone. Varie come sempre le ipotesi etimologiche. Si dice che il nome derivi da San Pantalone, uno dei sanati venerati nella città, a cui è pure intitolata una chiesa. Altra possibile derivazione da "piantaleoni", nome con cui venivano designati i mercanti che aprivano i loro banchi nelle terre conquistate e "piantavano" simbolicamente il leone di San Marco allargando col commercio la potenza della città. La professione di mercante è infatti indissolubilmente collegata al personaggio. Pantalone è vecchio mercante, spesso ricco e stimato, a volte completamente in rovina, ma pur sempre vecchio. Pantalone rappresentava l'etica mercantile della borghesia veneziana, che pur senza grandi velleità di blasoni, cominciava ad imporsi tra i ceti dirigenti. Il costume è costituito da un berretto di lana alla greca, una giubba rossa e calzabrache o brache corte alla marinaresca, con una cintura da cui pendono o una spada o un fazzoletto o una borsa. Indossa un mantello nero, spesso foderato di rosso, e ai piedi calza delle ciabatte nere, spesso babbucce alla turca con le punte verso l'alto. La maschera nera mette in risalto alcune caratteristiche fisionomiche: naso adunco, sopracciglia accentuate e una curiosa barbetta appuntita.
Arlecchino è la maschera più popolare della Commedia dell'Arte, sciocco, credulone e costantemente affamato. Il vestito è costituito da una giubba e pantaloni a toppe coloratissime ed irregolari, un berretto di feltro bianco col corredo di un pezzo di coda di coniglio o di volpe, una cintura da cui pende la spatola di legno, normalmente usata per mescolare la polenta, che è chiamata "batocio". Sul viso porta una mezza maschera nera dai tratti demoniaci e felini, qualche volta munita di sopracciglia ispide e mustacchi. Il naso è camuso; completa il tutto un vistoso bernoccolo sulla fronte.
Colombina è la maliziosa e vezzosa servetta della Commedia dell'Arte, personaggio comico non sempre specchio di virtù, scaturito da un mondo popolare come Arlecchino, suo fedele compagno d'avventure e talvolta suo sconsolato amante. Quando compare sul palcoscenico si fa notare per quelle innate doti di spigliatezza, civetteria ed astuzia tipicamente femminile. Il vestito è semplice, a volte a toppe colorate come quello di Arlecchino, rifinito con una graziosa cuffietta bianca e un grembiule della medesima tinta. Porta raramente la maschera, si esprime in vari dialetti, ma preferisce il veneziano o il toscano.
Brighella è il servo furbo della Commedia dell'Arte, nato nella Bergamo alta e perciò ben distinto da Arlecchino, servo sciocco e cialtrone, originario della parte bassa della città. L' etimologia del nome è forse da ricercarsi in "briga" o "brigare", ossia "imbrogliare", una delle sua caratteristiche peculiari. Il suo costume è composto da un camice bianco con alcune strisce verdi e un curioso copricapo listato in verde. La maschera è nera o di verde olivastro ed i baffi costituiscono un utile complemento. Musico esperto e spesso canta accompagnandosi con la chitarra, parla in bergamasco.
Pulcinella è la maschera napoletana per eccellenza. Le caratteristiche fisionomiche lo rendono simile ad gallo (ad esempio il naso a becco) e questo, certo, fa avanzare una possibile ipotesi etimologica da una corruzione dialettale di "pullicino", pulcino.
Bibliografia: Le Maschere Veneziane, Reato, Danilo; Venezia: Arsenale Editrice, 1988